Il medico Lorenzo Pregliasco si candida come capolista nella civica di Pierfrancesco Majorino e la sinistra radicale va all’attacco:  «Come il centrodestra, anche il partito democratico e la coalizione che lo sostiene sono i rappresentanti politici degli interessi economici e lobbistici di questa Regione».

La mossa di Majorino ha in effetti fatto rumore, in qualche modo. Un po’ perché Pregliasco è stato volto noto durante la pandemia (con le conseguenti polemiche), ma soprattutto per il suo ruolo dentro al sistema di sanità privata. Pregliasco è ricercatore e docente universitario alla Statale, ma è anche dirigente – come direttore sanitario del Galeazzi – del Gruppo San Donato, uno dei maggiori gruppi sanitari privati in Lombardia.

Bordate arrivano da Unione Popolare, la lista della sinistra-sinistra: «Rappresenta pienamente quel modello sanitario lombardo che gira intorno al sistema di accreditamento ai privati e che come Unione Popolare vogliamo totalmente mettere in discussione» dice Mara Ghidorzi, la candidata presidente di Unione Popolare. «Ora Majorino chiarisca: quale modello di sanità ha in mente per “cambiare” il sistema».

«Nelle sue prime dichiarazioni, il noto virologo ci ricorda che“la risposta della sanità lombarda alla pandemia è stata buona”. Uno schiaffo ai cittadini lombardi, ai 4000mila morti in più dovuti alla mancata zona rossa in Val Seriana, allo svuotamento dei presidi territoriali, alla mancanza dei posti letto e dei principali dispositivi di sicurezza negli ospedali, al modello “grandi eventi” per la gestione di una pandemia».

Ghilardi incalza direttamente il candidato di centrosinistra e M5S: «Che ruolo e spazio lascerà ai privati? Quali politiche di finanziamento e sostegno alla sanità pubblica, smantellata nel corso degli anni a livello regionale ma anche nazionale, da tutti i governi a prescindere dallo schieramento bipartitico. La gestione delle liste d’attesa, priorità dichiarata da Pregliasco, è un aspetto molto importante in termini di efficacia ed efficienza del servizio, ma la soluzione non può essere quella di rafforzare ulteriormente il modello privato di accreditamento».